Epicondilite : cause e sintomi
L’epicondilite è una tendinopatia del gomito molto diffusa tra i climbers. Una tendinopatia denota uno stato di sofferenza del tendine, in questo caso stiamo parlando dei tendine dei muscoli estensori della mano. Il dolore solitamente è circoscritto, facile da localizzare e può presentarsi sia in modo costante che come una fitta, nella parte laterale del gomito. Solitamente inizia in modo graduale e tende a svanire dopo il riscaldamento.
Se non affrontata, l’epicondilite tende a diventare un dolore persistente, e talvolta obbliga lo scalatore a sospendere l’attività e l’allenamento. I meccanismi che portano all’insorgenza di una tendinopatia ad oggi non sono ancora del tutto chiari alla comunità scientifica. Tuttavia, non sembra trattarsi di una infiammazione, ma piuttosto di una incompetenza della struttura tendinea nel far fronte alle richieste cui è sottoposta durante l’attività sportiva. Non tutti sanno che un muscolo migliora la propria forza nell’arco di poche settimane.
Il tendine invece ha bisogno di tempi più lunghi (circa 3 mesi) per modificare la sua struttura ed essere pronto a trasmettere energia dal ventre muscolare all’osso in cui si inserisce. Questo significa che un carico di allenamento eccessivo, picchi mal calibrati e riposi troppo brevi tra sedute intense possono portare a una sofferenza del tendine che talvolta si manifesta come dolore. Ad oggi grossi progressi sono stati fatti nella riabilitazione delle tendinopatie e l’esercizio fisico è riconosciuto come il trattamento di prima scelta.


Fase iniziale di riabilitazione
Devo smettere di scalare? L’obiettivo della fase iniziale di riabilitazione è mantenere il livello di allenamento mentre si migliora la capacità tendinea. Come per ogni problematica muscolo-scheletrica è importante eseguire una diagnosi differenziale per riconoscere se si tratti realmente di una tendinopatia o se il dolore al gomito abbia fonti diverse. Molte altre sono le problematiche che possono presentarsi con sintomi simili a un’epicondilite e un professionista preparato saprà riconoscere il problema e consigliarvi il percorso più adeguato. L’epicondilite non richiede di sospendere l’allenamento, ma è necessario rivedere i carichi di lavoro (diminuzione del carico abituale) mentre allo stesso tempo si programmano esercizi specifici per rinforzare il tendine (aumento della capacità di carico specifica del tendine). La terapia manuale è molte volte d’aiuto per diminuire il dolore, ma la cosa più importante è iniziare subito con il rinforzo.
Nella prima fase si possono usare esercizi isometrici, oppure esercizi dinamici con i manubri. Il dosaggio dell’esercizio fa la differenza! Nelle tendinopatie sembra più efficace usare carichi alti e poche ripetizioni, con recuperi completi. L’alta intensità dell’esercizio (5-6 ripetizioni massimali, x 3-4 serie con 2-3 minuti di riposo) stimola la rigenerazione tendinea e ha un effetto analgesico che inibisce lo stimolo doloroso. Anche il trave può essere un ottimo strumento di riabilitazione dell’epicondilite, ma ancora una volta il dosaggio dell’esercizio va valutato individualmente per capire il limite tra ciò che rinforza il tendine e ciò che invece lo irrita ulteriormente. Come linea guida si può partire con sospensioni (tacca da 2-3 cm), con un carico tale per cui si riesca a sospendere per 10” senza o poco dolore. Generalmente consigliamo 6 sospensioni con 2-3 minuti di riposo.
Fase intermedia di riabilitazione
Si parla di fase intermedia all’incirca dopo 3-6 settimane dall’inizio della riabilitazione. Un programma di esercizi ben calibrati a questo punto inizia a dare i primi risultati. Il dolore diventa solitamente più tollerabile o non peggiora nonostante si progredisca con carichi di esercizio via via sempre maggiori. A questo punto è importante cercare di allargare l’analisi anche ad altri elementi che possano contribuire all’insorgenza dell’epicondilite. La spalla, ad esempio, va sempre presa in considerazione. Il fisioterapista verifica che forza e mobilità siano ottimali, altrimenti include esercizi specifici anche per la spalla. Talvolta anche un core debole (zona lombare e addominale) può far si che scalando si sovraccaricano le braccia per compensare una scarsa tenuta corporea globale. Gli esercizi iniziano a spaziare, con il benefico effetto collaterale di andare a colmare lacune che non sapevate forse neppure di avere. Un infortunio ben affrontato è sempre un’ottima opportunità per diventare più forti di prima! In questa fase si inizia a lavorare anche su quella che viene chiamata “stiffness tendinea”, ovvero la capacità del tendine di trasferire sullo scheletro, in modo veloce ed efficace, l’energia che il ventre muscolare sviluppa. L’esercizio di attivazione dei flessori sulla presa al pannello che vi mostriamo nel video serve a incrementare la reattività del tendine ogni volta che stringiamo una presa!
Fase finale di riabilitazione
Riabilitare un’epicondilite in modo definitivo non è mai questione di poche settimane. E’ necessaria costanza negli esercizi una programmazione ottimale dell’allenamento. Solo così si possono risolvere le cause del problema e diminuire il rischio di recidive. Nella fase intermedia abbiamo iniziato a lavorare sulla stiffness tendinea e dopo circa 2-3 mesi dall’inizio della riabilitazione si progredisce verso esercizi ancora più impegnativi.
L’ultimo gradino di riabilitazione prevede di allenare la potenza, quindi dovremmo diminuire i carichi ma enfatizzare la velocità di esecuzione dei movimenti. Il Pan Gullich è dal nostro punto di vista un ottimo strumento di riabilitazione se usato con la massima consapevolezza e progressione. Ma anche il boulder, il moon board o il system wall consentono di implementare la potenza. Questi strumenti vengono spesso visti come traumatici e possiamo confermare che, se usati in modo scorretto, lo sono sicuramente. La richiesta fisica è altissima ed è fondamentale avere la giusta preparazione e inserirli in una periodizzazione dell’allenamento ben strutturata.
Non ci stancheremo mai di ripetere quanto il riposo totale dall’attività non sia pressoché mai necessario quando si affronta una sindrome da sovraccarico come una tendinopatia. Anzi! Perdere la forma fisica espone l’atleta al rischio di ulteriori infortuni e non è mai risolutivo per il problema! Certo alcune modifiche (a volte sostanziali!) della routine di allenamento sono necessarie, ma non lasciatevi vincere dalla pigrizia e rimboccatevi le maniche. Il team Reload è a vostra disposizione per tornare ad essere atleti sani e forti!